Progetto Prospettive

News & Articoli

Comunicare al di là delle parole

a cura di Elena Daniel

 

Un paio di occhiali, un movimento, il modo in cui sosteniamo o meno uno sguardo parlano di noi e del nostro modo di essere. Siamo tuttavia talmente immersi nella comunicazione come esseri umani, che a volte non siamo consapevoli di cosa e come comunichiamo. Capita così talvolta di essere fraintesi o di fraintendere gli altri, complicando terribilmente le nostre relazioni. Migliorare le nostre capacità relazionali può facilitare la comprensione reciproca e la costruzione di rapporti interpersonali soddisfacenti.

Per dire qualcosa non sono necessarie le parole: un messaggio può essere espresso anche con il silenzio o con un sospiro. Nemmeno i gesti sono essenziali: a volte alcune relazioni conflittuali tra amici o parenti rimangono molto intense e fonti di profonda sofferenza proprio per il fatto che nessuna delle due parti cerchi l’altra, trincerandosi nel silenzio e nell’immobilità.

UN PROCESSO DI RECIPROCO INFLUENZAMENTOPaul Watzlawich, famoso studioso della comunicazione, riteneva che quando si comunica non si scambino soltanto delle informazioni ma ci si influenzi reciprocamente. Questo a volte anche se apparentemente non si è fatto nulla per comunicare. Poniamo il caso che in treno ci si appresti a sedere nel posto libero accanto ad un uomo seduto chiedendo: “posso?”. L’uomo in questione potrebbe anche non rispondere nulla, nemmeno degnarci di uno sguardo, eppure potrebbe così comunicarci che non è un problema se ci accomodiamo, oppure che è infastidito dalla nostra richiesta ed indurci così a dirigerci verso un altro sedile.

UN ERRORE INGENUO. A volte ingenuamente si crede che ad un preciso gesto corrisponda sempre ad un preciso significato. Ad esempio, quando una persona incrocia le braccia al petto si crede che stia inconsapevolmente lanciando un messaggio di chiusura o che l’arrotolarsi i capelli con un dito sia un chiaro segno di volontà di sedurre.

Claudio Bisio, in un suo spettacolo, ironizza simpaticamente sul tema in questo video:

https://www.youtube.com/watch?v=2qHi4H5flH4&list=PLjU-qnfV749H4vxUZdBtY0VnFjzGNgfke

Il significato di un messaggio non può essere sempre lo stesso: esso dipende dalla relazione tra le persone coinvolte, dal momento e dal luogo in cui esso viene espresso. L’esclamazione “Fa attenzione!” non esprime lo stesso concetto se detta da una madre ad un figlio che parte per le vacanze da solo (ad es. raccomandazione), piuttosto che da un mafioso ad un suo rivale (ad es. minaccia). E così lo stringersi le braccia al petto può significare anche relax, così come bisogno di proteggersi, ecc….Persino il silenzio può assumere valenze diverse in base al contesto: può indicare rispetto, indifferenza o ascolto, riflessione o distrazione.

Ne deriva che la stessa cosa detta ad una persona differente possa veicolare anche significati opposti. Chi può dirci se la nostra comunicazione sia stata efficace? Se il nostro messaggio sia stato compreso così come lo abbiamo inteso? Soltanto il nostro interlocutore, attraverso il suo feedback, ovvero la sua risposta, può svelarcelo. Per poterlo cogliere fino in fondo ci viene richiesta la disponibilità ad ascoltare l’altro, non solo in quello che ci dice a parole ma anche attraverso il suo corpo, il tono della voce, lo sguardo ecc. Può sembrare difficile e, a volte, francamente, lo è: alcune persone fanno molta fatica ad accogliere i feedback altrui. Sarà capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di partecipare ad una conferenza in cui il relatore sembra non accorgersi degli sbadigli, della distrazione e della stanchezza del pubblico, continuando imperterrito con lo stesso argomento e lo stesso noiosissimo tono di voce.

Ascoltare l’altro implica anche essere disposto ad accogliere una critica ed eventualmente a rivedere il proprio modo di porsi e questo non è scontato; per il nostro relatore significherebbe magari rivedere quello che aveva programmato di dire, coinvolgendo di più le persone con il rischio di essere messo in difficoltà e di fare una brutta figura.

LA CONSAPEVOLEZZA. La consapevolezza di sé, ossia la capacità di osservarsi dall’esterno, può essere un ottimo passo nella direzione della comprensione reciproca.

Alcune spunti di riflessione possono aiutare in tal senso:

Al di là delle mie parole, i miei gesti, il mio modo di vestire, i miei sguardi, cosa comunicano di me? Che effetto possono fare agli altri? Mi capita spesso di sentirmi incompreso/a? come tendo a favorire il fatto che questo accada?

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.