a cura di Sara Pavanello
L’adolescenza rappresenta una fase naturale del ciclo di vita, che tradizionalmente segna il passaggio al mondo adulto. È il tempo della novità, del dubbio, delle grandi teorizzazioni su se stessi e sugli altri, dei cambiamenti del corpo e può rappresentare per alcuni il tempo di una crisi difficile da superare.
La crisi dell’adolescente è al contempo la crisi del sistema famiglia, che si trova a dover gestire una situazione nuova e a far fronte ad un ragazzo alla ricerca di se stesso e alle prese con il dilemma della scelta tra autonomia e dipendenza (ovvero di fronte al desiderio di crescere a diventare autonomo ed indipendente da una parte e che dall’atra fa i conti con le paure connesse alla crescita e a quello che essa comporta – emancipazione dai genitori, presa di responsabilità ecc.).
In questo scenario, si possono iscrivere i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) ed in questo articolo ci occuperemo di Anoressia Nervosa.
Per Anoressia Nervosa (AN) si intende il rifiuto di mantenere il proprio peso corporeo al di sopra del peso minimo normale. Si tratta di un disturbo caratterizzato dalla intensa paura di aumentare di peso e da una alterazione del modo in cui l’individuo vive il proprio peso e la forma del proprio corpo. L’AN si può presentare nella sua forma con restrizioni (la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e/o l’attività fisica eccessiva) o con abbuffate/condotte di eliminazione (vomito autoindotto e/o uso improprio di lassativi o diuretici).
La letteratura non riconosce una causa univoca, ma sottolinea la multifattorialità del disturbo e come vari fattori predisponenti (individuali, familiari, socio-culturali) portino alla manifestazione del disturbo che viene mantenuto anche grazie alla risposta dell’ambiente, ai sintomi del digiuno e ai vantaggi secondari del disturbo.
Vengono sottolineate alcune caratteristiche psicologiche che molti adolescenti con DCA condividono come ad esempio la bassa autostima, un pensiero del tipo “tutto o nulla” (la tendenza a guardare il mondo in bianco e nero, senza considerare le sfumature di significato, ma prendendo posizioni estreme), il perfezionismo.
Il DCA in adolescenza ha delle caratteristiche peculiari:
– il disagio psicologico viene espresso attraverso il comportamento (modalità di espressione privilegiata in adolescenza) ed interessa il corpo (che proprio in questa fase della vita vive dei grandi cambiamenti);
– ha un significato relazionale, che interessa l’individuo e la sua famiglia;
– si inserisce nel dilemma “autonomia-dipendenza” che deve essere risolto per poter passare alla fase evolutiva successiva.
Da un punto di vista clinico, consideriamo il DCA come un tentativo estremo di soluzione alla crisi ed il cibo, il corpo, il comportamento divengono gli unici canali che l’adolescente ha a disposizione per far fronte ad una situazione non fronteggiabile in altro modo e per comunicare al mondo il suo disagio.
Primi segnali d’allarme per riconoscere un DCA:
o rapida e costante perdita di peso;
o eccessiva preoccupazione per il peso e le forme corporee, paura di ingrassare;
o comportamenti ossessivi, atipici o rituali nei confronti del cibo (come ad esempio sminuzzare il cibo, lentezza durante il pasto, eliminare i condimenti);
o eccessiva attività fisica;
o ansia elevate prima e durante il pasto, senso di colpa dopo il pasto;
o evitamento di situazioni sociali, come uscire a cena con parenti e/o amici;
o stanchezza cronica, umore depresso, perdita di interessi
Ed un genitore, di fronte a tutto questo, cosa può fare?
Meglio essere previdenti che lasciare perdere, magari per paura della reazione dell’adolescente. L’invito è quello di parlare onestamente della nostra preoccupazione con il ragazzo, focalizzandosi su aspetti pratici, come ad esempio la stanchezza cronica, l’amenorrea (nel caso delle ragazze), l’isolamento sociale. È importante cercare di essere empatici e non giudicanti ma anche molto chiari sul fatto che non si può non parlare della cosa e non cercare una soluzione, anche rispetto alla responsabilità che si hai nei confronti del figlio.
I genitori esprimono spesso sentimenti di impotenza, frustrazione ed un grande senso di colpa, elementi su cui è necessario lavorare insieme nel corso della terapia, che non può che essere una terapia che si fa carico dell’adolescente e della sua famiglia.
A questo proposito, la presa in carico dell’adolescente deve essere a 360°, che coinvolga sia l’aspetto nutrizionale e medico che emotivo, relazionale e psicologico da parte di una equipe multidisciplinare.
Il medico di famiglia, il pediatra, lo psicologo sono figure che possono aiutare la persona e la famiglia a trovare una soluzione al problema e ad afferire ai Servizi del territorio.