a cura di Elena Daniel
Incontro spesso nel mio lavoro persone che donano tempo ed energie per essere d’aiuto agli altri: chi presta servizio in associazioni di aiuto ai malati e alle loro famiglie, chi per l’animazione di gruppi parrocchiali di bambini/ragazzi, chi per sostenere le donne vittime di violenza ecc… Ognuno porta se stesso, investendo tempo prezioso che potrebbe essere dedicato ad altre attività o alla famiglia.
E perché essere volontario dovrebbe essere una responsabilità? In fin dei conti si dà del tempo gratuitamente, di cosa si dovrebbe essere responsabili? Beh innanzitutto del fatto che volendo essere d’aiuto, divento responsabile della relazione che voglio instaurare con l’altro, sono custode della sua fiducia. E la fiducia non si costruisce per il semplice fatto che si dà il tempo gratuitamente; cresce quando ci si sente ascoltati, accolti e soprattutto non giudicati. Non giudicare a volte può essere una gran fatica: significa mettere tra parentesi le categorie in cui tutti tendiamo ad inserire gli altri (il vecchio, il malato, il disonesto, il furbo, la vittima…) per conoscerlo sinceramente ed accettarlo così com’è.
Voler essere d’aiuto significa anche chiedersi…ma l’altro vuole aiuto da me? E che tipo di aiuto vuole? L’aiuto non si può imporre e non può essere standardizzato: sono disposto ad accettare che l’altro non voglia l’aiuto che io sono così disponibile ad offrirgli? Forse non vuole che io lo rassicuri o gli risollevi l’umore, forse vuole soltanto qualcuno che gli stia accanto in modo discreto, senza tante parole.
E poi diciamocelo non si è mai volontari da soli: si fa parte di un gruppo, con qualche collega con cui si va più o meno d’accordo. Collaborare con gli altri porta talvolta a scornarsi e a dover cercare strade nuove per comprendersi e riorganizzarsi. Con la consapevolezza che, in un ambiente sereno, chi arriva respira serenità, mentre in un ambiente carico di conflitti, chi arriva… probabilmente non vorrebbe fare altro che andarsene. E’ impegnativo imparare a stare con gli altri, mettersi a volte da parte, lasciare spazio, negoziare le scelte.
Si nasce volontari? Forse nasce spontaneamente la voglia di darsi da fare gratuitamente per gli altri ma volontari si diventa! Con l’esperienza e con la formazione. Si può imparare ad essere un volontario sempre più “responsabile”, senza snaturare la spontaneità dei sentimenti e delle relazioni. Si può imparare ad ascoltare, a comunicare, ad essere d’aiuto in modo efficace.
E il bello di tutta sta responsabilità? Beh sta proprio negli sguardi e nelle parole di chi si avvicina ad una associazione di volontariato perchè bisognoso di un aiuto e può non essere cosa facile. Quella stessa persona che, forse inaspettatamente, si sente genuinamente sostenuto o aiutato. Sta nella luce che emana chi non si è sentito giudicato ma accolto.