a cura del dott. Giovanni Stella
C’è una frase celebre, forse attribuita a Confucio, che recita: “abbiamo due vite: la seconda inizia quando ci rendiamo conto di averne solo una”. Vivere senza pensare alla nostra fine ci consente di fare progetti e guardare al futuro con fiducia.
Oggi ci immaginiamo ciò che faremo in vacanza, risparmiamo per qualche acquisto importante che abbiamo programmato, facciamo mutui trentennali, investiamo risorse per prepararci ora a ciò che faremo fra quattro, cinque, dieci anni. Potremmo dire che la prospettiva di un futuro è funzionale a dare un senso alla vita presente e alla nostra realizzazione. È la prospettiva di un futuro che spesso regala significato al presente.
Siamo in qualche modo sempre proiettati verso un futuro, magari anche prossimo, che si realizza. Anche l’aldilà, per chi crede, è un futuro per il quale vale la pena investire ed impegnarsi oggi, è una prospettiva che offre un senso a ciò che facciamo ora. Se dovessimo ogni secondo pensare che la nostra vita può finire in qualsiasi istante o la morte dovesse diventare una cosa imminente molti di noi butterebbero tutto all’aria o vivrebbero nella costante paura. La morte e la finitezza della nostra condizione biologica non è, per la maggioranza delle persone, un concetto a cui pensare volentieri. Rischia di farci sentire vani, inutili, impotenti, foglie secche al vento. L’importante sviluppo del pensiero e della “cognitività” nella nostra filogenesi ci ha – per così dire – “allontanati” dalla consapevolezza di essere organismi biologici. Se per un animale il rischio di morire di fame, o per la fame di un altro animale, è preoccupazione quotidiana, noi ci possiamo dedicare più serenamente a facebook, al cinema, alle cenette a lume di candela, alla carriera lavorativa. Possiamo impegnarci in altro, insomma, molto più di qualsiasi altro animale, che dedica invece gran parte del suo tempo ai bisogni primari (e molte volte con più successo di noi). Ho conosciuto in terapia persone che sono riuscite a fare della consapevolezza della morte una loro forza. La prospettiva della morte non toglie loro senso, anzi, lo dona. La consapevolezza “life is short” permette loro di vivere con maggiore leggerezza, rivalutando le priorità, dedicandosi all’oggi non dando per scontato il futuro pur senza rinunciare alla progettualità. Certo, progettano, ma progettano senza rinunciare eccessivamente a se stessi, ricordando di dedicarsi tempo ed opportunità, cercando di provare nuove esperienze, cogliendo occasioni. La morte per loro è esperienza quotidiana, ci pensano ogni giorno, anche se sono perfettamente sani. E questo consente loro di trovare nuovi significati in ciò che fanno, come permettersi il piacere e l’amore. Paradossalmente è la consapevolezza della morte che dona loro vita.