a cura di Sara Pavanello
Sono da poco terminate le Paralimpiadi 2016, dopo una estate all’insegna dello sport celebrato con le Olimpiadi di Rio: atleti da tutto il mondo, un intreccio di storie e di vite. Atleti che Si giocavano la partita di una intera carriera, altri che approdavano ai Giochi per la prima volta.
Ci siamo imbattuti nell’e book di una collega, Ada Moscarella, che ha ripercorso appunto le storie di alcuni atleti, e che si apre con una considerazione: “l’importante non è vincere, non è nemmeno partecipare. L’importante è vivere appieno la propria vita”.
Non potremmo che essere d’accordo, vivere la propria vita essendo consapevoli che le scelte che facciamo sono le migliori che abbiamo a disposizione in questo momento e che c’è sempre la possibilità di capire cosa sta succedendo e di cambiare la situazione.
Ne devono sapere qualcosa Bebe Vio e Martina Caironi.
Bebe è una giovane schermitrice italiana, colpita a 11 anni da una meningite fulminante che le ha causato l’amputazione della gambe e delle braccia. Bebe ha dovuto inventarsi un nuovo modo di impugnare il fioretto dopo aver convinto gli specialisti del centro ausili a costruirle una protesi su misura. E ce l’ha fatta a continuare a considerare il suo ‘nuovo’ corpo non un ostacolo bensì una risorsa per continuare a praticare la sua passione. Bebe è ora medaglia d’oro olimpica.
Martina, parlando dei primi tre anni dopo l’incidente che le ha causato l’amputazione di parte della gamba: «Ricordo un grande percorso di risalita, in cui pian piano mi sono confrontata con la mia nuova condizione, quindi dai primi ostacoli fisici delle scale con le stampelle, all’accettare il fatto che io per tutta la vita avrei dovuto portare una protesi e che probabilmente non avrei mai più potuto giocare a pallavolo. Questo è stato durissimo, per esempio. Poi accettare il mio corpo di giovane donna amputata, che comunque non potevo più essere la classica ragazza giovane e bella canonicamente, e ho dovuto reinventarmi anche delle categorie mentali, perché poi sta tutto nella testa».
Martina è ora argento olimpico nel salto in lungo.
Ma non tutti gli sforzi portano necessariamente ad un lieto fine, come raccontano le storie di altri atleti.
Alcune volte, nello sport come nella vita, le cose non vanno per il “verso giusto”, non tutti i nostri sforzi vengono premiati. Nelle scelte che facciamo, ci assumiamo una certa percentuale di rischio: un cambiamento lavorativo, l’inizio di una relazione d’amore, la fine di una amicizia. Non tutto può dipendere da noi e quanto decidiamo di investire nella nostra “prossima impresa” può essere dettato dalla passione, dall’entusiasmo, dal semplice piacere di andare incontro alle cose.
L’estate di sport appena trascorsa ci parla anche di limiti: conoscerli e capirli può essere uno spunto per il nostro allenamento, per imparare da essi e provare a superarli.
Se siete curiosi di leggere altre storie di atleti, vi suggeriamo l’e book di Ada, un ottimo spunto di riflessione su come eventi di vita anche molto pesanti e fonti di sofferenza siano stati un punto di partenza per ottenere traguardi importantissimi.
http://www.labasesicura.it/ebook/337-rio2016-storytelling